L'onda rottamatrice di Renzi e i futuri scenari politici


Le parole di Renzi hanno scatenato una vera e propria tempesta all’interno del Partito democratico. Il sindaco di Firenze ha attaccato duramente il suo partito e, in particolar modo, Bersani, accusando quest’ultimo di perdere tempo prezioso in un frangente che invece richiede una certa tempestività e celerità. Ma l’accusa più pungente, sempre rivolta a Bersani e forse quella che più di tutte ha scatenato la tempesta, è stata quella di essersi fatti umiliare dal M5S in occasione dell’incontro con i capigruppo grillini, con tanto di diretta streaming.
Forse, però, su quest’ultima questione, non è l’unico a pensarla in questo modo nel partito, considerato lo sfogo accorato del sindaco di Salerno, De Luca, di qualche settimana fa. Le parole di Renzi non sono passate inascoltate ed hanno sortito anche una certa influenza istituzionale, tanto da spingere il Presidente Napolitano a difendere la scelta dei saggi, considerata da Renzi una perdita di tempo. C’è da dire, però, che il giovane rottamatore ha difeso strenuamente le mosse del Capo dello Stato, che dovrebbe interrogare direttamente i suoi saggi sulla validità dell’operazione; le dichiarazioni di alcuni di loro fanno venire più di qualche dubbio a riguardo.

Ora che il colpo è stato sferrato ritorna in voga l’ipotesi di una spaccatura nel partito e di una eventuale scissione; opzione che Renzi esclude categoricamente. Un partito c’è l’ha e cercherà di scalarlo, fino ad arrivare al vertice; considerato anche che Bersani si è tagliato fuori dai giochi praticamente da solo, per gli stessi motivi a cui faceva riferimento lo stesso Renzi, la scalata non dovrebbe essere poi così difficile. Inoltre gli ultimi sondaggi parlano chiaro, e danno l’attuale primo cittadino di Firenze più che favorito; proiezione questa che preoccupa, e non poco, Berlusconi e il centrodestra. Renzi è l’unico esponente del centrosinistra che può seriamente impensierire B. e i suoi. Per scongiurare questo pericolo, il Pdl ha chiesto nuovamente a Bersani un’alleanza, così da formare un governo di larghe intese che duri il tempo necessario per traghettare il paese fuori dalla tempesta e che, soprattutto, metta fuori gioco l’ambizioso Renzi. Vedremo se davanti a questo scenario l’attuale leader del Pd cambierà idea sugli impresentabili del Pdl.

Se Bersani dovesse continuare nella sua linea dura e pura del no a tutti i costi a Berlusconi, l’unico intoppo per Renzi è rappresentato solo dalla tempistica delle primarie. Se a giugno si dovesse ritornare alle urne, le primarie interne al centrosinistra per decretare un nuovo leader, andrebbero organizzate in tempi ristrettissimi. Renzi si appella alla buona volontà dei colleghi di partito, ma una buona parte del Pd, quella legata alla vecchia nomenclatura che il sindaco vuole rottamare, potrebbe remargli contro allungando i tempi di organizzazione delle primarie. Ma se riuscisse in questa disperata missione, il sindaco ha tutte le carte in regola per uscire vittorioso dalle primarie e, quindi, presentarsi alle elezioni come candidato Presidente del Consiglio. Riuscirebbe a convogliare su di se tanti voti di elettori di centrodestra delusi da B. e dal Pdl e, cosa non di poco conto, anche una buona parte del voto di protesta che ha contribuito al successo di Grillo. E l’esito elettorale potrebbe risultare meno frammentato. Anche se i pericoli di scissione rimarrebbero anche in questo caso. La parte più a sinistra del Pd potrebbe staccarsi e unirsi a Vendola.

Se invece Bersani dovesse accogliere la proposta di Berlusconi nel formare un governo di larghe intese, con l’intento anche di far fuori Renzi, quest’ultimo, che può contare anche su una buona pattuglia di parlamentari a lui fedeli, potrebbe mettere in atto la scissione e creare un nuovo partito. Disporrebbe già di un programma, quello utilizzato nella campagna delle primarie, di un lauto materiale umano da utilizzare nella macchina organizzativa e, soprattutto, di una folta schiera di finanziatori che hanno aderito al suo progetto. Inoltre potrebbe cercare l’intesa con Monti; le affinità programmatiche tra i due soggetti di certo non mancano. Secondo questo scenario, quindi, in entrambi i casi le possibilità che il Pd si spacchi, dando vita ad altri soggetti politici, sono assai reali.

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