La fine di un leader

Ecco, la cocciutaggine di Bersani ha sortito l'esito che quasi mezza Italia aveva pronosticato. Il leader Pd è stato definito "non risolutivo" dal Quirinale, che si appresta a vagliare direttamente e personalmente altre ipotesi per dare finalmente all'Italia un governo che sappia fronteggiare la crisi, attuando politiche di rilancio economico. Rilancio economico che deve inevitabilmente passare attraverso interventi di tagli alla spesa pubblica improduttiva, che abbonda in ogni settore economico, tagli alla eccessiva e soffocante pressione fiscale che imbalsama la produttività di questo paese in una morsa potentissima e un piano di dismissioni di immobili e di società partecipate. In poche parole bisogna restringere il raggio d'azione dello Stato, che sovrasta l'iniziativa autonoma e che rende alcuni mercati non ancora pienamente concorrenziali e competitivi. Solo attraverso questi interventi possiamo agire sul debito pubblico, sulla disoccupazione e rilanciare l'economia di questo paese.

Risposte che, nello scenario attuale, solo un governo sostenuto da un'ampia maggioranza poteva tentare di dare. Purtroppo, però, ancora una volta la politica ha anteposto gli interessi personali e di partito agli interessi del paese e dei cittadini. Bersani ha preferito corteggiare fino all'ultimo il M5S, fregandosene degli sbeffeggiamenti quotidiani di Grillo, invece che accogliere una richiesta che in questo momento sembrava la più sensata e la più percorribile, solo perché la proposta arrivava da quell'impresentabile di Berlusconi. Sentire poi certi esponenti del Pd dire che con il Pdl non c'è alcuna affinità programmatica, fa sinceramente ridere; quali sarebbero le affinità con il M5S? Anzi no, la vera ragione è che con Berlusconi non sarebbe stato un governo di cambiamento, per quale motivo, poi, non l'ho ancora capito. La verità è che neanche nel Pd sanno il perché, o almeno quella parte di duri e puri che hanno sprangato le porte alla vista dell'uomo nero (Berlusconi). Grillo starà godendo come un riccio.

Il vero problema della sinistra, e di Bersani in particolare, è quel complesso di superiorità politica e morale che vantano da sempre, che li rende incapaci di guardare oltre anche in questo drammatico contesto. Un complesso di superiorità non tanto verso Berlusconi e il Pdl, ma verso il centrodestra in generale, e cioè quell'insieme di idee, di programmi e di strategie alternative alla sinistra o centrosinistra, che dir si voglia. E' questo che li porterà a consolidare e a protrarre nel tempo la infelice tradizione di governo della sinistra italiana, che ha saputo solo litigare internamente, partorire leader che non sono stati all'altezza e che sono stati rimossi nel men che non si dica e poi sostituiti da altri non tanto diversi da quelli precedenti; Bersani è uno di questi. Ha fallito miseramente e si è tirato da solo fuori dai giochi.
Purtroppo questi capricci vanno a coincidere con lo sfascio che stiamo vivendo negli ultimi tempi, e alla fine porteranno questo paese a sbattere.

La sinistra italiana ha avuto la possibilità di cambiare la sua impostazione, ma non l'ha saputa sfruttare; Matteo Renzi rappresentava quella possibilità. Un leader giovane e promettente, di larghe vedute, con un programma valido e consono per fronteggiare i problemi del paese e, soprattutto, capace di agglomerare le varie anime della politica in situazioni così urgenti. Gli è stato preferito, seppur democraticamente, Bersani e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

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